Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito delle sue onde.
(Charles Baudelaire)
Figlia di un travaglio interiore dove il “less is more” è quasi diventato un’ossessione, tutto trova inizio nella percezione; fulcro cardine dei miei ultimi anni.
Mai parola prima aveva vestito il mio tempo per così tanto…
La percezione è l’anello che collega il nostro io al resto del mondo e rappresenta un canale di collegamento diretto tra il nostro mondo interiore e la realtà circostante.
In relazione alle informazioni che arrivano alla mente attraverso i nostri sensi tutto prende o meno forma, questo perché il nostro cervello interpreta e crea anche un propria storia, un proprio racconto dei fatti, una propria verità…
Ecco perché, a mio avviso, spesso la fotografia nel suo senso più generale è così discutibile e soggettiva.
Anche le verità più solide possono essere sempre interpretate e messe in discussione.
D’altro canto, c’è chi dice che più conosciamo la realtà, più ci appare misteriosa. Stranamente, a contestare questa idea sono proprio le persone sensibili.
Ognuno di noi ha vissuto questi ultimi 2 anni in maniera del tutto soggettiva.
La pandemia ha spezzato un flusso, una continuità degli eventi e questo ha fatto tremare il mondo.
Ha dato una scossa al torpore in cui stavamo vivendo oramai da tempo.
Come se, ad un certo punto, qualcuno abbia premuto il tasto pausa alla giostra su cui eravamo saliti.
Un tempo sospeso tra passato e futuro.
Un tempo infinito condensato in pochi istanti…
Ci è stato restituito il tempo di riflettere sul qui e l’ora delle nostre esperienze.
Un modo sicuramente cruento di portarci a rivivere il presente come dono dell’istante vissuto.
Il passato insegna che spesso nei momenti di crisi mondiale accade qualcosa di bello ed inaspettato.
E’ necessario però rieducare la nostra anima a questo nuovo equilibrio.
Molti, loro malgrado, hanno dovuto passare molto tempo isolati, alcuni hanno addirittura iniziato a mettere in discussione il fatto che fosse tutto reale.
L’essere paradossalmente così distante dalla percezione avuta del mondo fino a quell’istante ha destabilizzato anche le anime più solide.
È proprio dallo stupore e dalla meraviglia di questa nuova quotidianità che proviamo per il mondo intorno a noi, che possiamo prendere spunto per vedere con occhi nuovi la sorprendente bellezza dell’universo.
La percezione ci mostra anche un’altra bellezza, più profonda, rivelata solo dalla comprensione: cosa è veramente essenziale per la nostra vita.
Quindi la percezione può modificare profondamente il modo in cui decidiamo di passare il nostro tempo in questa vita.
Questa doverosa introduzione apre la via al motivo che mi porta a scrivere questi pensieri.
Oltre a svolgere la professione di fotografo, mi occupo di condurre imbarcazioni in giro per il mediterraneo e molto spesso mi ritrovo in totale solitudine o, per meglio dire, immerso letteralmente nel nulla.
Dove tutto è nulla…
Questo mi permette di passare molto tempo a riflettere e il vivere il mare e la natura in modo profondo.
“Tutto” questo nulla ha cominciato a prendere il posto di “tutto” quel rumore di fondo che mi ha sempre riempito la mente…e da li a riscoprire una nuova dimensione guardando il “tutto” sotto una prospettiva meno deformata…
Ho sempre preferito l’aperitivo al pasto, i preliminari al sesso, il corteggiamento alla storia d’amore, la vigilia alla festa, perché è nell’attesa di ogni evento piacevole che si annidano l’entusiasmo, la curiosità e l’eccitazione…sta proprio lì tutta la magia.
In questa rinnovata visione ho invece iniziato ad apprezzare il dopo…il cosa rimane…il tra le righe…quello che non è così scontato vedere…
Ed eccomi qua…come spesso è accaduto negli ultimi anni, ho avuto modo di provare nuove attrezzature fotografiche qualche mese dopo il loro lancio.
Un pò come passare dal colpo di fulmine alla quotidianità, infatti terminata l’eccitazione del “brand new”, dell’amore a prima vista, il cosa resta alla fine, è l’obiettivo che mi propongo quando finita la sfiammata mi ritrovo a frugare tra le ceneri.
Il campo di prova in questa occasione è stato, chiaramente, il mare…
Nei vari viaggi di quest’anno ho avuto con me la recente X-E4, ultima nata in casa Fujifilm nel comparto serie X insieme al nuovo super leggero XF27mm F2.8 R WR e il luminosissimo XF18mm F1.4 R LM WR.
Allo stesso tempo ho potuto provare a caldo 2 binocoli Fujinon 12x28 e 16x28 di cui parleremo in un altro articolo prossimamente qui.
Passo la maggior parte del mio tempo in giro per il mondo e quale migliore occasione di provare una macchina fotografica pensata (in gran parte) per il viaggio, se non quella di infilarla in tasca (borsa) e vedere cosa succede.
Premetto che non farò un analisi tecnica perché in rete se ne trovano già tante anche molto dettagliate; mi piaceva invece l'idea di capire come un mezzo sia in grado di conquistare o meno il suo utilizzatore.
E’ la prima volta che mi imbatto nella versione E della serie X, non per mancanza di fiducia, ma semplicemente di necessità.
Ho iniziato il mio percorso in casa Fujifilm con la prima nata X100 al suo esordio in ambito Mirrorless APS-C, oramai molti anni fa, passando poi alla serie X-T per le sue peculiarità ergonomiche che mi aiutavano molto in ambito professionale, essendo io nativo analogico.
Avere tutti i controlli principali a portata di mano, non dovendo passare per forza da tendine di menù, hanno fatto si che la serie X-T restasse la mia preferita nell’utilizzo lavorativo quotidiano.
Ho quindi diviso il mio tempo tra X-T per la parte più professionale, e la serie X100 per ricerca, scouting e per piacere nel tempo libero.
Della serie X-T ho subito amato la completezza e la versatilità in un corpo capace di evolversi a seconda dei momenti, grazie all’intercambiabilità delle fantastiche lenti presenti nel comparto Fujifilm e alla sua forma che ricorda in parte le intramontabili reflex.
La serie X100 invece ha catturato la mia attenzione perché è riuscita a fondere in un unico mezzo dimensioni, maneggevolezza e qualità.
Con grande piacere in tempi recenti, ha dato un valore aggiunto alla mia visione la nascita del largo formato, dalla GFX50S (come ho spiegato lungamente qui) all’ammiraglia GFX100S.
Detto questo si può comprendere facilmente che non ho mai avuto l’oggettiva necessità di utilizzare un mezzo differente.
Credo che ognuna delle versioni della serie X sia nata con una specifica idea, al di là delle caratteristiche che le accomunano come qualità, versatilità e leggerezza in un corpo completo e compatto.
Se le osserviamo un attimo vediamo: nella X100, portabilità senza compromessi; nella X-Pro, l’evoluzione della X100 per chi desidera maggiore versatilità; in X-T, tutto a portata di mano in un “trattore” instancabile durante le lunghe giornate di lavoro; infine X-E un ibrido che nelle sue trasformazioni ha sempre cercato il suo cliente perfetto!
Infatti i modelli X-E hanno avuto fin dai loro esordi un ruolo inclusivo e trasversale.
Se in qualche modo negli anni si è cercato di dare ulteriore valore nello sviluppo dei vari modelli, questa volta l’ingegneria Fujifilm ha deciso di invertire la rotta dove il “less is more”.
Ovviamente quando devi riguardare il tuo lavoro e capire di cosa puoi fare realmente a meno, gran parte della fatica è giudicare i propri passi e, quando pensi di eliminare, devi fare scelte coraggiose.
Apro una parentesi….
Non ho mai capito perché le persone fanno così fatica a cancellare, tagliare, eliminare…forse in questi gesti spesso si nasconde il senso del non poter tornare indietro…in fondo la vita non ci insegna proprio questo?
Il tempo è a senso unico…probabilmente è un modo inconscio di non accettare il tempo che passa...
Peccato…con un briciolo di sensibilità in più potremmo valorizzare maggiormente il presente...
Tornando a noi…se devo pensare ad un aggettivo per questa macchina direi quindi “coraggiosa”.
In un momento dove hai abituato i tuoi clienti ad avere sempre di più, togliere è sicuramente una scelta coraggiosa.
In questa versione, infatti, si è lavorato sul design e su alcune funzionalità rispetto a ghiere e pulsanti.
Giusto appunto l’estetica è uno dei punti caldi di questo cambiamento, al contrario della qualità che è stata nuovamente riconfermata riportando in questo modello tutti i traguardi raggiunti in 10 anni di sviluppi di sensori e processori.
Tutto questo ha però richiesto anche qualche compromesso come non avere la stabilizzazione interna e la finitura WR (water resistant) oramai stabilmente presente nella serie X-T, ma senza saltare a conclusioni facciamo un passo per volta…
Non c’è mai una seconda prima impressione, quindi prima di capire come mi ha conquistato, ci fermiamo qualche istante ad osservarla.
Qui arriviamo al punto, tutto nel nulla o per meglio dire trovare tutto quello che cerchi nel posto in cui non penseresti di trovarlo.
La X-E4 è stata letteralmente spogliata di qualunque cosa potesse essere considerato di troppo o non strettamente necessario per una fotografia di viaggio o di strada.
Soprattutto il corpo e i controlli della fotocamera sono stati modificati e ridotti rispetto alla X-E3.
Forse questa è stata la chiave vincente per dare un’identità chiara a questo mezzo così intrigante nel suo design cosi asciutto e minimale.
Come nell’abitudine degli sviluppatori della casa giapponese la contaminazione anche in questo caso è evidente.
Nello specifico si vedono chiaramente i tratti della serie X-A (Entry Level della gamma X), ulteriormente asciugati e ridotti all’osso.
L'X-E4 condivide il suo mirino OLED da 2,36 M pixel con l'X-S10. Lo schermo posteriore è un touchscreen da 1,63 milioni di punti che si piega verso l'alto o verso il basso di 180 gradi, per utilizzo in selfie o per riprese video in stile vlogging, nel mio caso per punti di ripresa non tradizionali.
Lo stile sembra essere una miscela delle precedenti fotocamere X-E e X-A, ma il sistema di controllo della velocità dell'otturatore, la ghiera di compensazione dell'esposizione insieme alla struttura principalmente in metallo, è indiscutibilmente X-E.
Se scorriamo con lo sguardo lungo tutto il corpo ci accorgiamo che ghiere e pulsanti sono differenti rispetto a prima.
Sul fronte macchina è stato eliminato il selettore per il tipo di messa a fuoco (M/S/C).
Nella parte posteriore invece sono spariti i pulsanti a croce intorno al joystick e la ghiera di comando. Scompare anche il poggia-pollice posteriore, che nella X-E3 ospitava anche il tasto Q e l’AF-Lock.
Nella X-E4 il tasto Q ora si trova sulla calotta in lega di magnesio; mentre l’AF-Lock e l’AE-Lock condividono lo stesso tasto e sono posizionati in linea di successione al pulsante Drive/Delete e a quello del Play.
Anche qui io ritengo che come in tutte le cose basta abituarsi, sicuramente molto di più che in precedenti versioni, ma nulla di impossibile.
Molti hanno battezzato questo minimalismo “forma a mattone” a causa della totale assenza di protuberanze normalmente necessarie a rendere la macchina più ergonomica.
Ogni accenno di impugnatura polverizzato se non la texture sul corpo macchina.
Tu ed il mezzo, in un tutt’uno, nessun accessorio…tutto diventa più essenziale…nulla di più.
In questo modo la macchina diventa più “tascabile” (anche se una tale affermazione dipende esclusivamente dall'obiettivo con cui viene abbinata).
Questo è decisamente evidente nel momento in cui la si tiene tra le mani insieme al nuovo “pancake” XF 27mm F2.8 WR.
L'X-E4 è diventata una fotocamera ancora più sobria delle precedenti e più adatta ai viaggi.
L’idea che si ha subito, è quella di sentirsi a casa.
Per chi conosce già a fondo la serie X avrà la sensazione di un “Déjà vu” ma da un sapore nuovo, dirompente e diretto.
La prima sensazione nonostante le ridotte dimensioni e di avere tra le mani un oggetto prezioso; infatti come da tradizione Fujifilm la macchina è ben rifinita in ogni suo dettaglio.
Anche in questo caso è disponibile in 2 versioni (completamente nera oppure bicolore argentata e nera).
Presentata come una compagna fotografica di viaggio compatta e divertente, la X-E4, ti incoraggia a tenerla con te ovunque tu vada.
Equipaggiata con l’ultima combinazione disponibile di sensore (X-Trans CMOS 4, APS-C da 26 MP) e processore (X quad-core 4), l'X-E4 eredita molte delle eccellenze più recenti in casa Fujifilm, primo tra tutti l’auto-focus evoluto, caratteristiche video più ampie e velocità di scatto a raffica davvero sorprendenti.
E per chi ama il cotto e mangiato del JPEG, ora sono disponibili diciotto simulazioni di pellicola che Fujifilm continua ad implementare. Una sorta “trucco e parrucco” per le immagini in Jpeg che può davvero alterare il “mood” di una scena. Sembra di utilizzare le pellicole analogiche (su cui quest’azienda ha investito anni di ricerca).
Venendo all’utilizzo nella pratica.
In mare le problematiche più frequenti sono: la costante imprevedibilità delle condizioni meteorologiche e il sale…
Il clima globale sta mutando; credo in parte per causa nostra ma soprattutto per sua natura.
Il mar mediterraneo sta modificando la sua veste, spesso si ha la sensazione di trovarsi ai tropici dove il clima è più umido ed i cambiamenti sono più repentini.
L’evoluzione è cambiamento…é solamente questione di adattamento e flessibilità…ma in tempi più rapidi…
Inoltre chi vive al mare è consapevole di quanto il sale sia una vera disgrazia, a lungo andare corrode qualunque cosa…
Nei luoghi di mare il sale è presente ovunque, anche nell’aria e considerando che l’umidità relativa è sempre molto alta, alla fine lo trovi su qualunque superficie!
A questo punto cambiano le carte in tavola e quando si deve ragionare su quale sia il mezzo più adatto in un contesto di questo tipo bisogna considerare molti più fattori.
Alcuni dei quali legati alla sua capacità di resistere agli agenti atmosferici.
Qui arriviamo alla questione WR su cui ho visto molti essersi pronunciati.
La macchina mi ha accompagnato per 2 mesi ca. tra una barca e l’altra ed in qualsiasi situazione meteo.
Devo dire in totale onestà che all’inizio anche io sono rimasto perplesso sulla scelta di non attrezzarla di questa dotazione, soprattutto per le condizioni in cui spesso mi trovo a lavorare…
Fortunatamente mi sono ricreduto subito ed ora spiego perché.
Credo che dietro alla dicitura WR ci sia da sfatare qualche mito.
Innanzitutto bisogna chiarire la differenza tra water resistant (WR nel nostro caso) e waterproof.
Nel senso più semplice, un oggetto waterproof offre il massimo livello di protezione da pioggia e neve. Mentre un oggetto water resistant offre un livello di protezione buono, ma inferiore.
Tutto questo dipende dal tipo di materiale e da come è costruito. Un materiale resistente all'acqua (water resistant) è stato dotato di particolari guarnizioni ed è costruito così preciso che l'acqua (polvere, sabbia, ect.) fatica a passare.
Un materiale impermeabile (waterproof), d'altra parte, fornisce una barriera completa all'acqua per sua natura.
Quindi semplificando quando ci si riferisce ai materiali si parla di impermeabilità, invece quando si definisce un materiale water resistant, si sta prendendo in considerazione il modo in cui è stato messo insieme.
Detto questo è ovvio dire che anche quando siamo in presenza di una macchina fotografica o un obiettivo WR, questo non significa affatto che questo abbia una barriera assoluta agli agenti atmosferici, quali polvere, sabbia e nello specifico acqua appunto; tanto meno è pensabile che una fotocamera possa essere immersa completamente in acqua senza credere che questa alla fine non entri al suo interno.
Quando si costruisce un oggetto WR si cerca di aumentare solamente il tempo in cui questi agenti possano entrare rispetto ad un mezzo non WR.
A questo punto a meno che l’utilizzatore comune non abbia frainteso il motivo per cui abbia acquistato questa X-E4, vi assicuro per esperienza personale che qualche goccia ed un pò di polvere non sono assolutamente una discriminante per non considerare questa macchina nella fotografia di viaggio o da strada.
Infatti durante l’uso in mezzo la mare è capitato si bagnasse o addirittura che io stesso avessi le mani bagnate e la macchina non ha accusato alcun problema.
Un panno in microfibra e tutto torna nuovo!
La mia ultima considerazione in merito è che proprio perché gli standard costruttivi sono molto alti, il fatto che non sia WR è un fattore, per me, trascurabile.
Altra questione in ballo è la mancanza della stabilizzazione dell'immagine oramai presente sulle ammiraglie.
Il motivo principale è sicuramente dovuto alle dimensioni ridotte del corpo. Allo spazio disponibile nella calotta.
Anche qui, ho vissuto tanti anni senza e, onestamente nelle situazioni in cui mi sono confrontato, la cosa non mi è mancata affatto.
Sicuramente nel momento in cui ci abituiamo ai vizi del progresso diventa complicato privarsene; quando la pellicola ha dovuto cedere il passo al sensore digitale non ha impedito ai nostalgici di usarla ugualmente.
Qui allo stesso modo…non è impossibile fare immagini senza stabilizzazione.
Magari per il video risulta una necessità più rilevante ma non essendo il mio focus non mi posso pronunciare.
Sicuramente in un futuro prossimo, come spesso accade, lo sviluppo dei materiali e nell’ingegnerizzazione dei processi ci permetterà di miniaturizzare i meccanismi e rendere tutto possibile.
Visto che ci troviamo ancora in ambito di utilizzo e che il design ha modificato radicalmente l’ergonomia e l’usabilità di seguito farò qualche considerazione su questo aspetto.
Come abbiamo visto eliminando ogni appiglio e forma tenere in mano la X-E4 sembra essere arduo.
Invece per merito della texture dello stesso corpo e al tempo stesso del peso davvero contenuto, la macchina si maneggia decisamente bene anche per chi ha mani abbastanza grandi come nel mio caso.
L’utilizzo di un cinturino da polso (non fornito ma acquistabile separatamente) ci permette di stare più sereni soprattutto in situazioni di movimento o con mani non perfettamente asciutte, purché sia montato un obiettivo compatto.
In ogni caso, l’estremo processo di ridimensionamento del corpo della macchina non ha impedito di dotarla di accessori (di serie) molto utili e funzionali: il supporto per il pollice TR-XE4 e il grip con impugnatura MHG-XE4.
Effettivamente questi accessori migliorano la presa in generale, soprattutto se si usa la macchina per molte ore oppure se si ha la necessità di utilizzare lenti più corpose e più pesanti.
Tutto sommato la loro applicazione non modifica nel complesso l’aspetto della X-E4.
Adesso qualche breve sguardo a cuore aperto!
Rispetto alla release precedente, la X-E4 porta con sé molti aggiornamenti, il più importante dei quali abbiamo visto è l'ultimo sensore X-Trans 4 e il processore X quad-core 4.
Questo significa che la qualità dell'immagine e, in alcuni casi, le prestazioni di questa 4° versione della serie X-E sono al momento il top che Fujifilm ha da offrire nella serie X. Soprattutto il corpo e i controlli della fotocamera sono stati modificati e ridotti rispetto alla X-E3.
Quest’ultima versione del sensore ha una qualità dell'immagine davvero alta; ha un ISO di base nativo di 160 (sulla X-E3 era 200) e velocità di lettura ultra rapide che consentono all'X-E4 di scattare immagini fino a 20 fps con l'otturatore elettronico (o 30 fps se si sceglie per un ritaglio 1,25x).
Con l'otturatore elettronico infine si arriva a 1/32.000 di secondo, il che è utile immagini a tutta apertura in pieno giorno.
Il processore X quad-core 4, inoltre interpreta a pieno il detto: “la potenza è nulla senza controllo”, infatti è il cuore gestionale di tutte le informazioni della fotocamera. La sua velocità non ti fa rimpiangere che sia abbinato ad uno slot UHS-I nonostante siano già in commercio le versioni UHS-II. Infatti per l’utilizzo per cui la macchina è stata pensata, utilizzare schede UHS-II è assolutamente eccessivo.
Sono notevolmente migliorate le prestazioni dopo l’implementazione del sistema di messa a fuoco automatica che ha una copertura a rilevamento di fase che si estende quasi fino ai bordi del fotogramma, come anche l'interfaccia di tracciamento del soggetto.
Come in tutte le cose è arrivato il momento di mettere un punto su quanto fin qui detto.
In definitiva, l'X-E4 è una fotocamera dalle molte qualità sopratutto per chi è sensibile al cambiamento ed e in grado di adattarsi.
Per il resto come sempre non si può accontentare tutti, l’importante è fare bene le cose come sono convinto sia stato fatto!
Per Fujifilm si tratta della più piccola del marchio con obiettivi intercambiabili ed è una ottima scelta per i fotografi di viaggio, di strada ed in generale chiunque cerchi eleganza e portabilità in una soluzione anche espandibile.
La X-E3 era minimale. La X-E4 è sicuramente ancora più estrema, nella sua nuova essenzialità.
Ha lineamenti decisi e netti.
Diciamo una macchina fotografica che va diretta al punto.
E’ vero bisogna prenderci un attimo la mano, in particolare per i profani di casa Fujifilm, ma una volta trovati i giusti settaggi, diventa tutto intuitivo e di facile utilizzo.
Proprio quest’ultimo aspetto è interessante; in barca normalmente gli equilibri sono sempre precari e mutevoli quindi ci sono pochi appigli a cui “aggrapparsi”.
Durante la navigazione c’è sempre qualcosa da fare e quando ci si muove il motto è: una mano per te ed una per la barca!
Questo significa avere sempre una mano libera per evitare di cadere, inoltre avere cose appese al collo diventa anche pericoloso. Detto ciò le tasche (su pantaloni e giacche) diventano uno “must have”.
Se voglio fare qualche immagine durante i viaggi, unico modo è avere una camera piccola e potente infilata in tasca!
Utilizzare questa X-E4 mi ha dato un qualcosa in più!! Poter tenere in cabina anche lenti differenti (come in questo caso il XF18mm F1.4 LM R WR), per occasioni tranquille o particolari.
La versatilità quando si viaggia è il primo comandamento e la X-E4 lo veste a pieno.
Per finire voglio spendere qualche parola sulle lenti.
L’obiettivo questa volta era la fotocamera…scusate il gioco di parole…
Le lenti (XF27mm e XF18mm) sono comunque state all’altezza delle situazioni.
Chiaramente ha prevalso l’uso del 27mm, (per le ragioni fin qui espresse) ma il 18mm è stato utilissimo quando avere qualche stop in più era richiesto dal momento!
“Non c'è nulla da fare...il mare alla fine ti rimette sempre al tuo posto!”
Anche qui non entro nel merito tecnico e mi limito ha dire che il 27mm nonostante le sue piccole dimensioni si difende alla grande.
E’ davvero una lente da tutti i giorni e si presta a tante situazioni.
Il 18mm effettivamente montato sulla X-E4 risulta più presente ma altrettanto apprezzabile sia nella costruzione che nei risultati qualitativi sulle immagini.
Quando ho iniziato a fotografare dalla barca con lenti fisse, ho avuto subito la consapevolezza di dovermi adeguare a ciò che le situazioni mi concedevano.
Al contrario di quando sei a terra, qui muoversi per modificare le distanze e prospettive è spesso impossibile e bisogna gioco forza tirare fuori il meglio da ogni situazione.
La vita in mare insegna che ci sono situazioni in cui il tuo contributo è totalmente ininfluente!
Essere testimone è già il più grande privilegio…
Quindi alla domanda: cosa rimane tra le ceneri? Beh direi senza dubbio una promessa rinnovata!
La ri-nascita di una nuova Fenice!
Ultimo ma non ultimo…le immagini…
Sono un condensato di tutto e nulla…rigore, forma….semplicità…il tutto in un perfetto nulla!
In effetti, “tutto” e “nulla” vivono costantemente insieme come facce della stessa medaglia, non tanto perché si elidano, o si respingano, come si potrebbe intendere, ma perché si intrecciano, e questa è forse la via più spiazzante che si può immaginare. In qualche modo si completano, uno giustifica l’esistenza dell’altro…
Queste immagini non sono altro che l’esaltazione di un’esperienza vissuta in mezzo al nulla che ha saziato la mia sete di tutto.
Nota: Le immagini sono state tutte prodotte in raw e modificate in Lightroom